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07
Nov

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Intervista candidati Rettore

Volentieri ricondividiamo l’intervista condotta da Carlo Giovani, studente del terzo anno di Ingegneria Civile e che ha effettuato ai candidati per la carica di rettore per il sessennio 2017/2022, ovvero:

  • Prof.ssa Cabiddu Maria Agostina, docente ordinario a tempo definito del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani e componente del Consiglio di Amministrazione;
  • Prof. Guariso Giorgio, docente ordinario a tempo pieno del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e componente del Consiglio di Riferimento del Polo Territoriale di Como, nonchĂ© Presidente del Corso di Studi in Environmental and Geomatic Engineering nella sede di Como;
  • Prof. Resta Ferruccio, docente ordinario a tempo pieno del Dipartimento di Meccanica e direttore del Dipartimento di Meccanica, componente del Senato Accademico, membro del Consiglio di Riferimento del Polo Territoriale di Lecco, componente del Comitato Scientifico del Laboratorio Prove Materiali e Costruzioni e appartenente al Comitato Scientifico di PoliFab.

Carlo ha spiegato questa sua iniziativa così:

“Ho deciso di mettermi alla prova con questa intervista perché penso che la tematica trattata sia importante e interagisca sia con l’ambito didattico, sia con la vita quotidiana di molti studenti. Inoltre, quando durante gli scorsi mesi mi sono informato sulle elezioni non ho trovato tanto materiale, pertanto ho deciso di cercarlo personalmente”.

Ecco quanto hanno risposto alle domande proposte sulle tematiche salienti del Politecnico e sui futuri sviluppi della vita degli studenti.

Come immagina sarà l’evoluzione dell’università nei prossimi sei anni in funzione dei risultati ottenuti sino ad ora e delle criticità ancora presenti nell’Ateneo?

Cabiddu Maria Agostina

Se ci riferiamo al nostro Ateneo, molto dipenderà dal nuovo rettore, venendo dall’organo di vertice l’impulso primo. Se il rettore si limiterà alla (buona) gestione sarà una cosa, se invece si adopererà per inserire la “sua” politica nel contesto di quella relativa al sistema dell’università e della ricerca di questo Paese sarà invece un’altra storia.

Questo sistema è, infatti, da molto tempo sotto scacco. Mentre nei Paesi in via di sviluppo ed emergenti gli investimenti nella ricerca crescono malgrado e a ragione della crisi e si scommette sul c.d. “capitale umano” e sull’innovazione, che significano sviluppo della persona e crescita economica, nel nostro Paese gli investimenti in questa direzione non solo non crescono ma addirittura calano e molti giovani laureati e dottorandi vanno all’estero, portando con sé quanto lo Stato ha investito per la loro formazione e, soprattutto, l’intelligenza e le capacità acquisiste nel corso del tempo.

Queste persone non avendo certezze lasciano il Paese e vengono ben accolte all’estero proprio per la loro buona formazione e ad essi sono proposti contratti e strumenti che, per le ragioni prima esposte, noi non siamo in grado di offrire.

Anche i Paesi, che una volta si definivano in via di sviluppo, hanno capito l’importanza dei laureati tecnici /ingegneri, chimici, fisici, matematici ma anche architetti e designer) come fattore di crescita economica e sviluppo complessivo

Se il nuovo rettore sarĂ  consapevole di questo e, soprattutto, si farĂ  carico di farlo comprendere anche alle istituzioni preposte al governo del sistema, facendo cambiare la gestione del mondo della ricerca si potrĂ  dire che avrĂ  assolto al compito, che da sempre il Politecnico rivendica, di essere davvero leader del sistema.

Guariso Giorgio

L’Ateneo è un organismo molto grande e le cose vanno avanti in larga parte per inerzia, modificarle è sicuramente un processo lento. Inoltre si nota un cambiamento della società e delle prospettive sul lungo periodo a livello generale, con fenomeni di grandi dimensioni quali, ad esempio, l’invecchiamento della popolazione e la precarietà del lavoro, cambiamenti molto importanti, che avranno un impatto anche sugli studenti.

Bisogna cercare di avere un approccio proattivo riguardo questi cambiamenti, prendercene più cura, anziché subirli soltanto, incidendo di più sulla società, anche grazie alle nostre ricerche. Come è indicato nel mio programma bisognerebbe fare un bilancio sociale, dimostrando il significativo impatto del Politecnico sulla società, che si estende ben oltre i 4500 laureati.

Ciò ovviamente deve corrispondere ai 274 milioni di euro che il Politecnico riceve dallo Stato e dagli studenti. Dobbiamo dimostrare che sono soldi ben investiti, magari focalizzando di più le ricerche interne su questi grandi temi.

Inoltre si spera, almeno alla lunga, di poter avere un impatto maggiore sui finanziamenti all’università, visto che in Italia sono stati ridotti dal 2008 con la scusa della situazione economica, malgrado sia stata una visione miope, perché, se la situazione presente non è florida, a maggior ragione bisogna investire di più sul futuro come si fa in tutti gli altri paesi. Altrimenti si rischia di andare fuori mercato.

Resta Ferruccio

L’università nei prossimi dieci anni cambierà significativamente sia per quanto riguarda la formazione, sia per quanto riguarda la ricerca.

Il mondo della ricerca è sempre più competitivo, è diventato molto difficile acquisire risorse attraverso bandi di finanziamento per la ricerca. I problemi richiedono competenze trasversali. Sarà quindi necessario stimolare approcci multidisciplinari per rispondere alle grandi sfide tecnologiche e sociali.

Dall’altro lato abbiamo bisogno di innovazione nella formazione per permettere allo studente momenti interdisciplinari, laboratoriali e progettuali e opportunità internazionali. Assisteremo a una digitalizzazione dell’offerta formativa che dovremo valutare con attenzioni.

É un percorso lungo che ci vedrà impegnati nei prossimi anni, quello che si può fare è cominciare ad avviare azioni concrete in puro stile Politecnico.

Quali aspetti vede come principali punti di forza dell’Ateneo e come si possono migliorare ulteriormente?

Cabiddu Maria Agostina

Innanzitutto, la capacità di fare ricerca di buona qualità, sia di base che applicata, come dicono le classifiche internazionali. Ma il nostro Ateneo è capace di fornire anche buona didattica, come dimostra il fatto che il mondo del lavoro (soprattutto per quanto riguarda i laureati provenienti dal mondo delle ingegnerie e considerato che l’architettura è più esposta agli effetti della crisi economica), nazionale ma anche internazionale assorbe velocemente i nostri laureati.

L’alta formazione, la qualità della ricerca e l’internazionalizzazione sono innegabili punti di forza del nostro Ateneo, che dimostra una grande capacità di attrarre studenti e docenti non solo dall’intero territorio nazionale ma anche dall’estero.

Guariso Giorgio

Sicuramente siamo il miglior Ateneo tecnico d’Italia, come dicono tutte le classifiche, e probabilmente uno dei meglio organizzati. Ci sono, malgrado ciò, degli aspetti carenti, anche per questioni economiche, e quindi standard che all’estero sarebbero ritenuti normali, qui, in Italia, non lo sono (ad esempio il numero di m2 per studente).

Inoltre abbiamo degli edifici e ne costruiamo ancora di non moderni e non all’avanguardia, e visto che insegniamo come edificarli, dovremmo essere i primi a mettere in pratica quanto spieghiamo (come ad esempio il nuovo edificio nella sede di Bovisa e la ristrutturazione di via Bonardi nel polo di Leonardo).

Lo stesso vale per l’amministrazione: il pagamento delle fatture, ad esempio, deve essere veloce, le pratiche devono essere snelle. Per evitare di ricadere nel detto “predicare bene e razzolare male”. Sicuramente le lungaggini della burocrazia non aiutano, visto anche il passo con cui evolve la tecnologia. Bisogna perciò pensare ad un modo di intervenire che sia flessibile, potendo adattare rapidamente anche gli spazi in funzione delle esigenze.

Resta Ferruccio

Il punto di forza dell’Ateneo sono le persone: studenti, personale tecnico-amministrativo e docenti. La vera ricchezza sono loro, con la loro capacità di affrontare un momento storico difficile e una forte competitività internazionale con professionalità, pazienza e dedizione.

Nello specifico oggi l’Ateneo gode di una buona credibilità internazionale, ha un’ottima reputazione nazionale e una formazione molto robusta. L’occupazione dei nostri laureati a un anno è pari al 90%, con punte del 97% su alcune aree dell’ingegneria. I ritorni dal mondo del lavoro sulla preparazione degli allievi sono molto positivi. Abbiamo una ricerca che compete a livello internazionale, siamo il primo Ateneo italiano nella capacità di acquisire finanziamenti dal nuovo programma europeo Horizon 2020.

Stiamo rafforzando la nostra rete con le imprese, che può permettere di acquisire finanziamenti importanti e contribuire a disegnare politiche industriali nazionali con loro.”

Prevede vi saranno dei nuovi incentivi a favore degli studenti fuorisede? Delle nuove attivitĂ  o magari delle agevolazioni, ad esempio per i mezzi pubblici o le mense

Cabiddu Maria Agostina

Ci devono essere, premettendo che, a mio avviso, uno degli aspetti negativi del sistema italiano è la progressiva “localizzazione” delle università. Visto che il Politecnico non segue questa tendenza e continua ad essere un Ateneo nazionale e, anzi, ormai internazionale, occorre permettere a persone che provengono da ogni parte d’ Italia e del mondo, essendo la nostra una delle migliori università tecniche, di poterla frequentare senza ostacoli di ordine economico e sociale.

Bisogna fare in modo che le persone meritevoli, che senza un sostegno economico non riuscirebbero a frequentare il Politecnico, possano farlo ugualmente, venendo incontro alle famiglie. L’ascensore sociale è stato una delle molle che hanno sostenuto lo sviluppo del Paese e prima di arrenderci al blocco di questo meccanismo dobbiamo fare in modo che almeno le università si adoperino in tutti i modi per rimuovere gli ostacoli, promuovendo il diritto allo studio con tutte le risorse disponibili.

A ben vedere, infatti, anche il merito non è svincolato dal reddito: se uno studente si deve mantenere non può dedicare allo studio lo stesso tempo e le energie di chi non ha questo problema.

Guariso Giorgio

Per quanto riguarda i mezzi si dovrebbe trattare con le aziende del trasporto pubblico, anche per il personale, dato che l’Ateneo ha molte sedi staccate e quindi la necessità che le persone si spostino tra queste.

Dovrebbero quindi esserci degli abbonamenti collettivi per il Politecnico in modo da evitare le pratiche di rimborso, studiando ovviamente questa risoluzione e concordandola con le aziende di trasporto. Si può quindi pensare di avere ulteriori agevolazioni anche in favore degli studenti fuorisede, oltre agli abbonamenti normali che vengono offerti.

Anche il servizio mense è carente, bisogna però individuare la struttura e il modello corretti su cui investire, magari sfruttando un suggerimento degli studenti, che ovviamente sono i più interessati al tema.

Si potrebbero sviluppare maggiori momenti di dialogo all’interno dell’università con i rappresentanti, anche successivamente alle elezioni. Ciò è auspicabile anche nei riguardi dei Professori, sarebbe opportuno avere un’occasione di dialogo magari ogni sei mesi.

Resta Ferruccio

La crescita della reputazione del Politecnico ne sta aumentando l’attrattività.

Le richieste di ammissioni alle lauree magistrali, anche grazie al 3+2, superano di gran lunga le nostre capacità di accoglienza. Sta aumentando l’attrattività del Politecnico ed è quindi necessario attrezzarsi per avere una capacità di accoglienza maggiore, sia nazionale che internazionale.

A ciò si aggiunge il fatto che Milano sta vivendo un momento di grande vitalità, acquisita a valle di Expo2015, che la rendono molto attrattiva.

Questa è una grande opportunità e l’Ateneo si dovrà fare trovare pronto, stiamo cercando di aumentare l’ospitalità delle residenze universitarie, ce ne sono già in realizzazione e arriveremo nei prossimi anni a quasi 3000 posti.

Come pensa si possa migliorare la vivibilitĂ  delle residenze del Politecnico? Che servizi si potrebbero implementare? Si potrebbero agevolare maggiormente gli studenti che ci vivono?

Cabiddu Maria Agostina

Credo che su questo fronte ci siano ampi margini di miglioramento.

Prendendo come esempio il collegio di Milano, che è abitato da persone provenienti da tutte le università milanesi, si potrebbero proporre una serie di attività di carattere culturale e corsi di lingua che possano dare un valore aggiunto ai residenti ma occorre, innanzitutto, intervenire, attraverso una migliore “politica dei redditi” e dunque con una più attenta politica dei servizi e dei contratti pubblici e una progressività più equa delle fasce di reddito” per tasse, alloggio, vitto, trasporti, in modo da aiutare davvero le famiglie a sostenere il costo di vivere a Milano.

Guariso Giorgio

Le residenze dipendono anche dalla Regione e pertanto hanno vincoli aggiuntivi.

La situazione va certamente studiata, ma gli studenti dovrebbero evidenziare i problemi che ritengono importanti (anche considerando il fatto che il bilancio del Politecnico è abbastanza solido, avendo sempre un minimo di avanzo che potrebbe in parte essere usato per migliorare qualcosa), segnalandoli ai rappresentanti, attivandosi per le migliorie.

Lo stesso vale, ad esempio, per i bagni e le rastrelliere delle biciclette nella sede di Leonardo, se si ricevessero più segnalazioni, queste problematiche si potrebbero migliorare più facilmente, anche se si può comunque ricorrere ai questionari, ma la cosa più semplice è ricevere delle segnalazioni da chi ogni giorno si trova a dover avere a che fare con i problemi.

Resta Ferruccio

Il tema della vivibilità è un tema importante in generale per tutti i campus. L’internazionalizzazione non si fa solo richiamando studenti stranieri nelle nostre lauree magistrali, ma offendo servizi e qualità della vita all’interno del percorso universitario, paragonabili alle università internazionali con cui vogliamo competere.

Nel mio programma ho previsto un progetto volto a migliorare la qualitĂ  degli spazi, potenziandone aree studio, aree di socializzazione, aree per la faculty, attrezzature sportive e verde.

Naturalmente le residenze sono una parte importante di questo progetto: abbiamo giĂ  detto delle nuove residenze, sia a Milano che nei Poli territoriali.

A fianco dei nuovi investimenti, serve una continua manutenzione e un adeguamento agli standard residenziali attuali.

La qualità dei servizi è un obiettivo primario soprattutto per gli studenti fuorisede, che non hanno una rete di conoscenze a Milano.

Mi piacerebbe avviare delle bacheche virtuali per lo sharing, che permetta di condividere beni strumentali, sportivi, mobilio, abitazioni e disponibilitĂ .

L’obiettivo finale è che gli anni passati al Politecnico rimangano indelebili, non soltanto per le ore passate sui libri, ma anche per le attività e la vita all’interno dell’Ateneo.

Quale sarà l’evolversi dei progetti di internazionalizzazione?

Cabiddu Maria Agostina

Bisogna riflettere attentamente sui criteri di accesso degli studenti e sugli strumenti di attrazione dei docenti e creare una rete di rapporti accademici con universitĂ  straniere di alto livello.

É necessario evitare di sottometterci passivamente alle classifiche internazionali, il che significa che dobbiamo pretendere di contribuire a stabilire i criteri di valutazione, per poter giocare ad armi pari con i nostri competitors.

Se le classifiche adottano criteri pensati per il sistema americano, è facile che le università americane siano in cima alle classifiche. Abbiamo il dovere di far emergere altri profili per valutare le università, partecipando di più a stabilire i criteri e bisogna comunque evitare la sudditanza psicologica che abbiamo nei confronti dei Paesi anglosassoni, a iniziare proprio dall’ossessiva attenzione nei confronti delle classifiche: queste devono essere considerate uno strumento non il fine delle nostre attività.

Inoltre, non credo si faccia (buona) internazionalizzazione, obbligando semplicemente a parlare in inglese, a prescindere da una valutazione seria del livello linguistico (a iniziare dai docenti che devono padroneggiare al meglio la lingua nella quale insegnano per non abbassare il livello del proprio insegnamento) e senza considerare che, dal punto di vista giuridico, l’obbligo di usare una certa lingua (diversa da quella ufficiale) finisce per interferire inevitabilmente con la libertà del docente, ultimo responsabile di quanto insegna e di come insegna.

Così facendo, si arriva, in realtà, a limitare anche la libertà di apprendimento, ponendosi in contrasto con gli artt. 33, 34 e 3 della nostra Costituzione.

Non sono sicura che l’obbligo di insegnare in inglese sia l’unico modo per attrarre studenti e docenti dall’estero, Al contrario, dobbiamo riuscire ad attrarre soprattutto coloro che vengono in Italia per immergersi nella cultura del nostro Paese e per aggiungere qualcosa al loro bagaglio culturale. Come prima accennato, dobbiamo ripensare in maniera seria ai criteri di ammissione degli studenti stranieri, anche per non rischiare di abbassare il livello nei confronti degli altri studenti.

Un Ateneo seriamente internazionale ha il dovere di mantenere quanto promette: buona formazione e buona ricerca, che implicano rigorosi strumenti di selezione anche per quanto riguarda (tutti) gli studenti. Infine, chiamiamo docenti stranieri che però hanno il “dannatissimo” vizio di pretendere standard di “ingaggio” (stipendi, staff, ufficio, strutture di ricerca, eventuali benefit, ecc…), che noi – per noi stessi – neanche ci sogniamo.

Se noi non riusciamo a garantire questi standard non possiamo pretendere, che al di là della simpatia e dell’amicizia per noi e per il nostro Paese, i colleghi stranieri entrino a far parte seriamente delle nostre Faculty… verranno forse in visita, per qualche settimana: ottima cosa ma ancora troppo poco per parlare seriamente di internazionalizzazione.

Certo che se anche questo potesse servire a farci prendere coscienza del valore dell’Università e della ricerca, quel necessario cambiamento a cui facevo riferimento all’inizio diverrebbe ulteriormente necessario ed urgente … il nuovo rettore dovrà tener conto di tutto ciò: un’impresa da far tremare le vene ai polsi, come ho scritto nel mio programma.

Guariso Giorgio

Questi progetti devono continuare, perché sono una delle ricchezze che vengono fornite agli studenti. Con i docenti stranieri non si è riusciti a essere abbastanza attrattivi, non potendo offrire risorse comparabili a quelle degli altri paesi. Bisogna trovare quindi qualche altra modalità che non sia dare altri soldi, che creerebbero disparità con i professori italiani.

Per gli studenti stranieri bisogna mettere più impegno di quello che è stato messo sino ad ora, so per esperienza che hanno molte necessità estremamente diverse da quelle degli studenti italiani e che vanno aiutati ad affrontarle sin dall’inizio. Non solo il permesso di soggiorno, ma anche come fare gli esami, come vengono valutati, come si impostano i corsi.

Noi utilizziamo un modello differente basato soprattutto su lezioni teoriche, che sicuramente non potremo portare avanti a lungo, visto che gli studenti hanno necessità di laboratori e altre attività.

Abbiamo infatti un approccio molto concettuale, che si presta bene ad essere insegnato ex cathedra, però rischiamo di avere degli studenti che fanno un po’ più di fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro, non avendo mai visto in pratica le discipline che studiano.Dobbiamo riuscire a modificare questo approccio senza perdere il nostro metodo concettuale, che tutti valutano molto bene, visto che poi quando gli studenti vanno all’estero si nota che sono più preparati rispetto agli altri. Abbiamo questo grande vantaggio di avere una tradizione di analisi concettuale molto profonda, solida, che si dovrebbe attualizzare utilizzando strumenti didattici più moderni.

Resta Ferruccio

Il Politecnico ha iniziato un programma internazionale su obiettivi strategici.

In Cina abbiamo concentrato le attenzioni e gli sforzi su tre quattro forti alleanze, ben caratterizzate, anche dal punto di vista disciplinare. In Europa, oltre che ai continui e innumerevoli rapporti che abbiamo oramai con tutte le università, abbiamo un programma che si chiama Alliance4tech, che è una possibilità che offriamo ai nostri studenti di fare un Erasmus nelle quattro capitali d’Europa (Milano, Londra, Parigi e Berlino) e IDEA League, che rappresenta la rete delle migliori università tecniche con cui possiamo confrontarci in maniera più significativa, rete in cui siamo entrati da poco e che in qualche maniera permetterà importanti confronti sull’evoluzione della ricerca e della formazione universitaria.

Per passare da una politica geografica di internazionalizzazione a una politica ad obiettivi, ci sono alcuni Paesi, come l’Iran o il sud America, in cui si può andare con le imprese oppure l’Africa in cui sono possibili interessanti azioni di cooperazione accademica. Sarà possibile inserire in tali progetti studenti originari di questi paesi e che quindi possono dare un valore aggiunto anche ai progetti di internazionalizzazione.

Interessanti sviluppi potranno inoltre venire da Giappone, Corea e India o infine Stati Uniti e Canada, dove è sempre difficile entrare ma in cui potremo verificare l’interesse a sviluppare iniziative a Milano.

Milano, 28 Ottobre 2016

Chiudiamo quest’intervista facendo i nostri migliori auguri ai validissimi candidati e ringraziando Carlo per la bellissima iniziativa e l’impegno preso!